di Avv. Donato Sandro Putignano
In data 10/11/2023 la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza 202/2023, che: “dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, nella parte in cui non consentono di proporre il reclamo, previsto dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ., avverso il provvedimento che rigetta il ricorso per la nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite, di cui all’art. 696-bis del medesimo codice”.
Il tema è quello delle pronunce di rigetto o inammissibilità dei ricorsi per consulenza tecnica preventiva ai fini della conciliazione della lite ex art. 696 bis c.p.c., della loro impugnabilità e del controllo sulla decisione del Giudicante in questa particolare procedura ante causam, divenuta di grande rilevanza dopo l’introduzione della Legge 24/2017, che ha previsto il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. come condizione di procedibilità per tutte le domande di risarcimento danni da responsabilità medica.
La Corte Costituzionale, nel respingere le eccezioni mosse dall’Avvocatura dello Stato, ha da subito escluso che nel caso di specie il rimettente Tribunale di Roma avrebbe potuto optare per un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, ricordando che tale soluzione non può essere perseguita se ciò comporta un contrasto diretto con il testo della norma (nel caso l’art. 695 comma 1 c.p.c.).
“La disposizione oggetto dell’odierno incidente di costituzionalità (l’art. 695 cod. proc. civ., censurato unitamente all’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ.) ha quindi un univoco tenore letterale che esclude, in via generale, la impugnabilità e quindi la reclamabilità dei provvedimenti; reclamabilità che ora è, invece, possibile affermare, ma con riferimento al provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., proprio perché la disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima in tali termini (sentenza n. 144 del 2008). Di contro, rimane ancora non reclamabile il provvedimento di rigetto dell’istanza per l’espletamento di una consulenza tecnica preventiva ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ.”.
La principale questione giuridica che la Corte Costituzionale ha dovuto affrontare ha riguardato la valutazione di “diritto vivente” di due pronunce della Suprema Corte di Cassazione (Cass. n. 23976 del 2019; Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 21 novembre 2022, n. 34202), le quali, respingendo la proponibilità del ricorso per Cassazione contro il rigetto di un ricorso ex art. 696 bis c.p.c., avevano incidentalmente riconosciuto la praticabilità del reclamo in considerazione di quanto statuito dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza 144/2008 in relazione alla diversa procedura dell’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 c.p.c..
“Più recentemente, proprio con riferimento ai procedimenti di istruzione preventiva, questa Corte, con la già richiamata sentenza n. 144 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., ossia rispettivamente l’audizione di testimoni, l’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale … … nel decidere su alcuni ricorsi, proposti ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. contro provvedimenti di diniego dell’istanza di nomina di un consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ex art. 696-bis cod. proc. civ., (n.d.r. la Corte di Cassazione) li ha ritenuti inammissibili essendo i provvedimenti impugnati privi del requisito della definitività. Ha, inoltre, ritenuto che, nella specie, avrebbe potuto essere proposto, invece, il rimedio del reclamo … (Cass. n. 23976 del 2019; Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 21 novembre 2022, n. 34202). … Tuttavia, non può riconoscersi, in questa giurisprudenza, una situazione di diritto vivente per la formazione del “diritto vivente”, può sussistere in relazione a quella parte della pronuncia nella quale si esprime effettivamente la ratio decidendi rispetto alla questione di diritto rimessa all’attenzione del giudice di legittimità, e non anche ad eventuali obiter dicta”.
Queta sentenza della Corte Costituzionale, appare, inoltre molto rilevante nella misura in cui si sofferma a chiarire la portata innovativa dell’art. 696 bis c.p.c., e ad evidenziare il suo ruolo deflattivo e di risoluzione alternativa delle controversie.
“Il legislatore ha considerato – nel legittimare la proposizione di un ricorso che consente alla parte interessata, anche in assenza di un periculum in mora, di richiedere la nomina di un consulente tecnico prima ed anzi al fine di prevenire la lite – l’esperienza giuridica di altri ordinamenti europei e, in particolare, di quello tedesco, nel quale il secondo comma del paragrafo 485 del Zivilprozessordnung contempla il procedimento di istruzione probatoria indipendente (selbständiges Beweisverfahren), disposto mediante la nomina di un consulente tecnico in ogni caso in cui ciò corrisponda all’interesse dell’istante, anche se non sussiste un rischio di dispersione del mezzo di prova, se ciò è funzionale ad evitare il processo. … una valutazione tecnica in ordine all’esistenza del fatto e all’entità del danno, nell’auspicio che, proprio sulla scorta di tale valutazione, le parti possano trovare un accordo – al quale il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo – che renda superflua l’instaurazione del giudizio contenzioso. … finalizzato non solo alla definizione in via conciliativa della controversia, ma anche ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione di alcune cause caratterizzate – come quelle in tema di responsabilità sanitaria – da questioni soprattutto tecniche» (sentenza n. 87 del 2021). … Si tratta quindi di un procedimento di istruzione preventiva che risponde anche alle finalità proprie dei rimedi di Alternative dispute resolution (ADR), riconducibili alle procedure di mediazione, di negoziazione assistita, di trasferimento della lite alla sede arbitrale. L’«istituto della conciliazione giudiziale, infatti, offre la possibilità di una risoluzione conveniente e rapida delle controversie nel processo, analoga a quella realizzata in sede extragiudiziaria dalla Alternative Dispute Resolution – ADR» (sentenza n. 110 del 2013).
Da ultimo, la Corte Costituzionale ha evidenziato quanto possa essere lesivo dei diritti della parte istante un illegittimo rigetto di un ricorso ex art. 696 bis c.p.c., alla luce dei tempi e dei costi necessari per ottenere gli stessi diritti mediante la proposizione di un giudizio ordinario.
“In attesa della decisione della causa, il riconoscimento della facoltà di impugnazione, mediante reclamo, del provvedimento del giudice, pur non definitivo né decisorio, può talora costituire necessaria implicazione della garanzia costituzionale del diritto di agire in giudizio per la tutela di un diritto o di un interesse legittimo. … Il provvedimento del giudice, che rigetta (o dichiara inammissibile) la richiesta di espletamento di una consulenza tecnica ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., priva definitivamente la parte di una importante facoltà processuale diretta alla possibile composizione della lite, arrecando al diritto di agire in giudizio (art. 24, primo comma, Cost.) una compromissione anche maggiore del rigetto di un accertamento tecnico ai sensi dell’art. 696 cod. proc. civ.; provvedimento, quest’ultimo, ormai reclamabile a seguito della richiamata pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenza n. 144 del 2008). La previsione, dunque, della possibilità di proporre una domanda di fronte a un giudice senza poter contestare dinanzi a un giudice diverso le ragioni che hanno condotto a un provvedimento di diniego si pone in contrasto con il diritto di agire e difendersi in giudizio (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) e con il canone di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.). Fermo restando che nel nostro ordinamento il doppio grado di giudizio non è costituzionalmente prescritto nel processo civile (ex multis, sentenza n. 58 del 2020), a venire in rilievo è la compatibilità costituzionale della mancata previsione di qualsivoglia strumento di controllo avverso un provvedimento, quale è il diniego di nomina del consulente tecnico a fronte del ricorso di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., avverso il quale non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione … Questo interesse della parte, inoltre, come attestato dalla previsione dell’istituto in esame quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie in tema di responsabilità sanitaria (sentenza n. 87 del 2021), è coerente con quello generale dell’ordinamento, rilevante anche sul piano costituzionale, alla ragionevole durata dei processi (sentenza n. 173 del 2022), risultato ex aliis al quale si può pervenire soprattutto mediante una riduzione del numero delle cause demandate alla decisione degli uffici giudiziari. … Né ha rilievo la circostanza che il ricorso potrebbe essere riproposto a fronte dell’ordinanza di rigetto, avendo già in più occasioni questa Corte sottolineato che non vi è equivalenza, quanto a qualità della tutela giurisdizionale, tra riproponibilità dell’istanza al medesimo giudice che già l’abbia respinta e reclamabilità davanti ad un altro giudice (sentenze n. 493 del 2002 e n. 253 del 1994).
Nelle motivazioni della sentenza 202/2023 è possibile rinvenire un interessante riferimento alla “mancata previsione di qualsivoglia strumento di controllo”, come determinante motivo a sostegno dell’incostituzionalità della norma.
Questo intervento della Corte Costituzionale appare assolutamente opportuno, soprattutto nel settore della responsabilità medica, ove, dopo l’introduzione del 696 bis c.p.c. come condizione di procedibilità, si è assistito a delle resistenze locali da parte di qualche Tribunale che, confortato dalla mancanza di strumenti di controllo, ha potuto nei fatti disapplicare la legge Gelli Bianco con motivazioni quanto meno “reclamabili” alla luce della sentenza in commento.